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Lavorazione e industria della pelle

Anche se l’uomo utilizza da sempre la pelle per vestirsi e proteggersi dal clima, in Toscana, la lavorazione della pelle risale all’epoca medievale, e già nella metà del XVIII secolo era diffusa in tutta la regione. Per questa ragione nella Valdelsa da secoli si è diffusa la produzione di  tomaie, suole, calzature, finimenti per selle, guanti, valigeria, stampa di cuoiami e accessori vari.

L’industria della pelle, così come è avvenuto per l’industria del vetro a Empoli, della ceramica e della terracotta a Montelupo, fu favorita dalla posizione geografica della Valdelsa e dalla presenza di vie di comunicazione consolidando una forte tradizione commerciale. Partendo da Pisa, già nota per la concia delle pelli, grazie al trasporto fluviale sul fiume Arno dove le merci venivano trasportate dai navicellai, la lavorazione delle pelli si diffuse per tutto il basso valdarno fino a Firenze.

Anche l’ambiente naturale ricco di boschi e d’acqua (tra l’altro, particolarmente adatta alla concia delle pelli bianche perché priva di ferro), ha favorito lo sviluppo e la crescita della  nuova industria.

L’impulso all’economia dato dai Lorena nella seconda meta del XVIII secolo con un buon numero di provvedimenti tesi a semplificare i dazi e la libera circolazione delle merci permise un’ulteriore crescita delle concerie, non solo a Pisa e a Firenze, ma anche a Fucecchio, Empoli, Santa Croce, San Miniato ed altri paesi della Toscana e della Valdelsa. In particolare, sulla scia della lavorazione della pelle, a Fucecchio si sviluppò l’industria delle calzature tanto che già nella seconda metà del settecento, era consistente la presenza di calzolai e ciabattini.

Tra il 1810 e il 1820 compariva  in alcuni documenti del paese di Santa Croce (nei pressi di Fucecchio) il mestiere del "cojaio", cioè delle persona addetta alla concia delle pelli.

L’ulteriore diffondersi della lavorazione della pelle che da semplice attività artigianale divenne una realtà industriale, causò le proteste di numerosi cittadini per i cattivi odori delle pelli e degli scoli putridi dei risciacqui che avvenivano durante il processo di lavorazione.

Verso la fine del 1800 la forte concorrenza delle industrie del nord Italia ma anche della Germania, Austria e Francia e l’aver trascurato un rinnovamento tecnologico, causò una crisi per l’industria della pelle. I produttori e gli industriali del settore della pelle, tuttavia reagirono orientandosi a prodotti meno raffinati ma indirizzati ad un consumo di massa e ad un mercato più ampio. Una scelta giusta, che consentì all’industria conciaria, nel complesso, di resistere alle difficoltà ed alla crisi contrapponendosi alla tendenza nazionale al declino.

La costruzione della ferrovia e delle moderne superstrade dette poi un nuovo impulso all’industria della pelle a partire dal secondo dopoguerra favorendo la distribuzione e diffusione dei prodotti dell’artigianato conciario della Valdelsa.

Da allora l’industria della pelle si è raffinata e ancora oggi è conosciuta in tutta Italia, con prodotti di altissima qualità e manifattura, come l’abbigliamento in pelle e calzature esportati in tutto il mondo.